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Prescrizione stipendi arretrati, cosa cambia per i lavoratori con le nuove norme

Prescrizione stipendi arretrati, cosa cambia per i lavoratori con le nuove norme

Con l’approvazione dell’emendamento Pogliese al decreto ex Ilva, il governo Meloni introduce una modifica significativa alle regole sulla prescrizione dei crediti da lavoro. Dal luglio 2025, i lavoratori avranno solo 5 anni di tempo per recuperare stipendi arretrati, straordinari, tredicesime o altre differenze retributive, anche se sono ancora dipendenti dell’azienda.

Una riforma che sta suscitando un acceso dibattito tra governo, opposizioni e sindacati. Ecco cosa prevede la nuova legge e quali sono le conseguenze pratiche per i lavoratori.

LE NUOVE REGOLE SULLA PRESCRIZIONE

Il cambiamento arriva con un emendamento a firma del senatore Salvo Pogliese (FdI), inserito nel cosiddetto decreto Crisi industriali. Il provvedimento stabilisce che i crediti da lavoro si prescrivono in 5 anni anche in costanza di rapporto di lavoro, ossia mentre il lavoratore è ancora assunto.

Fino a oggi, come stabilito anche da diverse sentenze della Cassazione (tra cui la n. 26246/2022), la prescrizione decorreva solo al termine del contratto di lavoro. Questo per tutelare il dipendente dal rischio di ritorsioni o licenziamenti nel caso in cui avesse chiesto il pagamento delle somme dovute.

Con la nuova norma, invece, il termine di 5 anni decorre immediatamente, cioè dal momento in cui la retribuzione avrebbe dovuto essere pagata, anche se il contratto è ancora attivo.

TEMPI STRETTI PER AGIRE

Un altro elemento critico della nuova disciplina riguarda i termini per agire legalmente. Una volta che il lavoratore invia una diffida scritta al datore di lavoro, ha solo 180 giorni per presentare ricorso in tribunale. Scaduto questo termine, il diritto decade definitivamente, senza obbligo di conciliazione.

A CHI SI APPLICANO LE NUOVE NORME

La nuova disciplina non riguarda tutte le aziende. Si applica soltanto alle imprese con più di 15 dipendenti, ovvero quelle soggette alle regole sui licenziamenti collettivi e alle tutele previste dal Jobs Act.

Nelle aziende più piccole, la prescrizione continuerà a decorrere solo alla cessazione del rapporto di lavoro.

LE CONSEGUENZE PER I LAVORATORI

La novità più rilevante è che i lavoratori dovranno valutare in tempi molto più rapidi se far valere i propri diritti. Di fatto:

  • Non sarà più possibile attendere la fine del rapporto per chiedere il pagamento degli arretrati;
  • Le rivalutazioni salariali e i diritti maturati negli anni precedenti al 2020 potrebbero andare perduti, essendo ormai fuori dal nuovo termine di prescrizione;
  • Una volta inviata una diffida formale, parte un conto alla rovescia di 180 giorni entro cui agire in giudizio, senza alcuna fase di conciliazione obbligatoria.

Per sindacati e partiti di opposizione, si tratta di una vera e propria sanatoria per le imprese che hanno evaso pagamenti negli anni passati e di una stretta ai diritti dei lavoratori, molti dei quali non denunciano per timore di perdere il lavoro.

LA POSIZIONE DEL GOVERNO

Il presidente della commissione Lavoro della Camera, Walter Rizzetto (FdI), difende la norma sottolineando che si tratta di una misura pensata per garantire certezza giuridica e contrastare le distorsioni del mercato del lavoro.

Secondo il deputato, la riforma è in linea con l’articolo 36 della Costituzione e con l’orientamento della giurisprudenza europea, poiché mira a fornire regole chiare e trasparenti sia per i datori di lavoro che per i lavoratori.

UN EQUILIBRIO DIFFICILE TRA TUTELE E CERTEZZE

La nuova legge rappresenta un cambiamento profondo e controverso, che tocca il delicato equilibrio tra tutela dei diritti individuali e certezza giuridica per le imprese.

Mentre il governo rivendica la riforma come un passo verso la semplificazione e legalità, le critiche non mancano e riguardano soprattutto i tempi ristretti e le difficoltà per i lavoratori nel far valere i propri diritti, soprattutto in contesti dove permane un forte squilibrio nei rapporti di forza tra azienda e dipendente.

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