
Il 2026 non porterà variazioni nel calcolo lordo delle pensioni, ma il netto in busta sarà diverso. I coefficienti di trasformazione, ovvero i parametri utilizzati per convertire i contributi versati in pensione annua, resteranno validi fino al 31 dicembre 2026. Ciò riguarda sia il sistema retributivo (per i periodi lavorativi fino al 1995), sia quello contributivo (per i periodi successivi). In sostanza, l’importo teorico della pensione continuerà ad essere calcolato secondo le stesse regole attuali.
LA VERA NOVITÀ È NEL NETTO IN BUSTA
Se il calcolo lordo resta invariato, importanti novità potrebbero arrivare sul fronte del netto mensile percepito. Il governo sta infatti lavorando a una riforma dell’Irpef, il cui obiettivo è alleggerire la pressione fiscale soprattutto sul ceto medio. Tra le ipotesi più accreditate, il taglio dell’aliquota del secondo scaglione di reddito – attualmente fissata al 35% per i redditi da 28.000 a 50.000 euro – con una riduzione al 33% e un possibile innalzamento del limite massimo fino a 60.000 euro.
UN RISPARMIO FINO A 640 EURO ALL’ANNO
Le simulazioni indicano che i pensionati potrebbero beneficiare di un risparmio fino a 640 euro annui, pari a circa 53 euro al mese. Il vantaggio dipenderà dal reddito lordo dichiarato:
- Un pensionato con reddito lordo di 40.000 euro risparmierebbe circa 240 euro l’anno;
- Chi percepisce 50.000 euro avrebbe un beneficio fiscale di circa 440 euro annui;
- Nessun cambiamento, invece, per chi ha pensioni inferiori a 28.000 euro lordi, che continueranno ad essere tassate al 23%.
È fondamentale sottolineare che non cambierà l’importo lordo della pensione, ma solo il netto grazie alla riduzione delle trattenute fiscali. Un elemento importante, specialmente in un periodo caratterizzato da inflazione e aumento del costo della vita.
PERCHÉ SI CAMBIA: L’OBIETTIVO DELLA RIFORMA FISCALE
Il taglio dell’Irpef rientra in un progetto più ampio di riforma del sistema tributario previsto dalla delega fiscale approvata nel 2023. L’obiettivo dell’esecutivo è duplice: da un lato, aumentare la quota di reddito disponibile per le famiglie e stimolare i consumi; dall’altro, rendere il sistema fiscale più equo e sostenibile nel tempo. Le modifiche previste agli scaglioni e alle aliquote andrebbero così a incidere anche sulla tassazione delle pensioni.
Nello specifico, l’abbassamento dell’aliquota del secondo scaglione dal 35% al 33% dovrebbe interessare chi ha redditi tra i 28.000 e i 60.000 euro. L’aliquota del 43% per i redditi più alti resterebbe invece invariata.
UN AIUTO CONCRETO CONTRO IL CARO-VITA
In un contesto economico in cui il potere d’acquisto è messo a dura prova dall’inflazione, anche un incremento contenuto del netto pensionistico può rappresentare un sostegno significativo. La riduzione dell’Irpef, se confermata nella prossima Legge di Bilancio, potrebbe offrire un piccolo ma concreto sollievo a milioni di pensionati italiani, in particolare a quelli con redditi medio-alti che non rientrano nelle fasce protette ma subiscono comunque l’impatto dell’aumento dei prezzi.