
Una imponente spada di Damocle incombe sulla prossima revisione dei termini contrattuali per i lavoratori pubblici. Decine di migliaia di impiegati del settore rischiano di non godere di alcun incremento salariale rispetto all'attuale contratto, anzi, potrebbero vedere erodersi il loro guadagno netto mensile di diversi euro. Come mai ciò avviene? È connesso all'effetto "gradino" causato dalla riduzione del cuneo fiscale. Tra i 25 e i 35 mila euro, il governo ha decurtato del 6 per cento i contributi versati all'Inps da tutti i lavoratori, inclusi quelli del settore pubblico. Questa misura determina un aumento del 6 per cento nella retribuzione lorda mensile dei lavoratori. Tuttavia, se un dipendente supera anche di un solo euro i 35 mila euro di reddito annuo, sarà tenuto a riprendere il versamento dei contributi.
In cosa incide questo sulla questione degli aumenti per i dipendenti pubblici? La chiave è semplice. La Legge di Bilancio ha destinato 5 miliardi per gli incrementi salariali nel settore statale. Secondo la relazione tecnica allegata al provvedimento, una volta firmato il contratto, si prevede un aumento medio del 5,78 per cento nelle buste paga di tutti i dipendenti pubblici, dai docenti agli infermieri, dai poliziotti ai funzionari ministeriali.
Tuttavia, il rischio è che l'aumento del 5,78 per cento porti molti lavoratori pubblici a superare i 35 mila euro di reddito annuo, perdendo così il beneficio del 6 per cento di decontribuzione. In pratica, l'aumento sarebbe azzerato e la busta paga rimarrebbe invariata nonostante il rinnovo contrattuale.
Stime del quotidiano "Il Messaggero" indicano che questo effetto inizia a manifestarsi intorno ai 33.100 euro di reddito lordo annuo. Da questa soglia, l'aumento promesso dal governo farebbe superare i 35 mila euro. Questo vale anche per coloro che guadagnano tra 33.100 euro e 34.999 euro.
Quanti sono i dipendenti pubblici coinvolti in questa situazione? Una cifra precisa ancora non è disponibile, ma si stima che siano numerosi. I dati più recenti al 2021 del conto annuale del Tesoro non tengono conto dei rinnovi contrattuali tra il 2022 e il 2023. La "zona pericolosa" è estesa: la retribuzione media dei 126 mila dipendenti ministeriali nel 2021 era di 32.921 euro, ma con l'ultimo aumento del 3,78 per cento, si è elevata a 34.494 euro.
Anche i 628 mila professori "a tempo indeterminato" corrono rischi significativi. Nel 2021, la retribuzione media registrata era di 31.542 euro, ma con gli ultimi aumenti dovrebbe superare i 33 mila euro. Situazione analoga per 279 mila infermieri e 37.000 tecnici sanitari, con stipendi medi vicini ai 35 mila euro lordi annui.
Un simile problema si era verificato nel settore pubblico con il rinnovo contrattuale 2016-2018. In quel periodo, il "Bonus 80 euro" per i redditi fino a 26 mila euro era in vigore. Per evitare che i dipendenti pubblici con redditi bassi vedessero eroso il Bonus dagli aumenti contrattuali, fu introdotta una voce stipendiale ad hoc, chiamata "elemento perequativo". Anche questa volta potrebbe essere necessario un meccanismo simile, considerando che l'effetto del cuneo fiscale potrebbe coinvolgere molte più persone, arrivando fino a 35 mila euro. Allo stesso tempo, sarà cruciale risolvere il problema del finanziamento di questa soluzione, dato che le risorse complessive stanziate dal governo difficilmente potranno essere aumentate.