
La Corte di Cassazione si è espressa su un tema che riguarda migliaia di lavoratori part-time in Italia: rifiutare di lavorare più ore può costare il licenziamento, ma solo a precise condizioni. Lo ha chiarito l’ordinanza n. 9901/2025 della sezione Lavoro, che ha confermato il licenziamento di una dipendente che aveva rifiutato il passaggio da part-time a full-time.
NON SI PUÒ LICENZIARE PERCHÉ SI RIFIUTA UN CAMBIO D’ORARIO
In linea generale, la legge tutela il lavoratore che rifiuta modifiche dell’orario non previste dal contratto, comprese le richieste di straordinari o l’aumento stabile delle ore settimanali. L’articolo 6 del Dlgs 81/2015, attuativo del Jobs Act, riconosce al dipendente il diritto di rifiutare lavoro supplementare, purché esistano motivazioni valide e documentate.
Di conseguenza, le esigenze organizzative aziendali non bastano da sole a giustificare un licenziamento: serve un legame diretto con una vera e propria riorganizzazione strutturale dell’impresa.
IL CASO: RIFIUTA IL FULL TIME, LA CASSAZIONE DÀ RAGIONE ALL’AZIENDA
Il caso all’origine della sentenza riguarda una lavoratrice licenziata per giustificato motivo oggettivo dopo aver rifiutato il passaggio al full-time. L’azienda aveva dimostrato in giudizio che l’aumento del carico di lavoro rendeva necessario rivedere l’organizzazione interna, proponendo alla dipendente un aumento stabile delle ore.
Non potendo far ricorso a straordinari costanti per via dei limiti normativi e contrattuali, né potendola ricollocare in mansioni diverse per via della specificità del ruolo, il datore ha optato per il licenziamento, che la Cassazione ha giudicato legittimo, poiché l’alternativa (ripescaggio) non era praticabile.
QUANDO IL LICENZIAMENTO È LEGITTIMO
Secondo la Suprema Corte, il rifiuto di lavorare più ore può portare al licenziamento solo se:
- l’aumento delle ore è legato a una reale esigenza aziendale dimostrabile;
- non esistono soluzioni alternative all’ampliamento dell’orario;
- non è possibile ricollocare il lavoratore con il repêchage, come previsto per evitare licenziamenti.
In questi casi, il contratto può essere sciolto per giustificato motivo oggettivo, sempre nel rispetto delle norme contrattuali, collettive e individuali.
UN MONITO PER LAVORATORI E AZIENDE
La sentenza rappresenta un precedente importante: il contratto part-time non è intoccabile, ma il passaggio al full-time deve essere l’unica via praticabile, altrimenti il licenziamento rischia di essere annullato. Serve sempre un bilanciamento tra le esigenze organizzative aziendali e i diritti del lavoratore, da tutelare nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza.