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Uno stipendio in più per chi guadagna fino a 25mila euro: ecco i nuovi calcoli Irpef

Uno stipendio in più per chi guadagna fino a 25mila euro: ecco i nuovi calcoli Irpef

Un incremento pari ad un intero stipendio per chi guadagna 25.000 euro lordi annui e oltre il 75% in più per chi supera i 35.000 euro. Questi sono gli impatti dell'insieme di misure che comprendono la conferma della riduzione delle tasse sul reddito (cuneo fiscale) e la cancellazione dell'aliquota dell'Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF) al 25%, con conseguente estensione dell'aliquota minima al 23% per i redditi fino a 28.000 euro lordi annui. In sintesi, i circa 14 miliardi di euro previsti nella manovra del 2024 per queste due misure avranno un impatto significativo sul potere d'acquisto delle fasce di reddito medio-basso.

La premier Giorgia Meloni ha dichiarato: "Vorrei introdurre la prima fase della riforma fiscale nella legge di bilancio, questa è stata la nostra prima iniziativa attesa da oltre 50 anni. Dobbiamo realizzarla concretamente", confermando l'intenzione di avviare il processo di riduzione delle aliquote dell'IRPEF.

Recenti analisi condotte dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti hanno simulato l'effetto di queste innovazioni. Per i redditi fino a 15.000 euro lordi annui, i benefici rimarrebbero invariati rispetto all'attuale situazione, con un aumento stimabile tra i 62 e i 67 euro mensili netti, poiché l'aliquota dell'IRPEF rimarrebbe invariata. A 20.000 euro lordi annui (circa 1.400 euro netti mensili), il vantaggio aumenterebbe a 7 euro al mese, passando da 77 a 84 euro in più in busta paga, che su 13 mensilità ammontano a 1.092 euro all'anno.

Per chi guadagna 25.000 euro lordi annui (l'ultimo livello a cui si applica la riduzione del cuneo fiscale del 7%), il miglioramento sarebbe di 112 euro mensili in più in busta paga, ovvero 1.456 euro all'anno, quasi un intero stipendio in più. Superata la soglia di 25.000 euro, il taglio del cuneo fiscale si ridurrebbe, ma il beneficio dell'abbassamento dell'aliquota IRPEF al 23% sarebbe più significativo, portando da 90 a 112 euro in più in busta paga. Questo guadagno di 22 euro compenserebbe la minor riduzione dei contributi previdenziali. Lo stesso principio si applica alla soglia di 35.000 euro lordi annui (circa 2.000 euro netti mensili), con un aumento da 99 a 120 euro (1.560 euro all'anno). Oltre i 35.000 euro, non ci sarebbe più un taglio del cuneo fiscale, ma rimarrebbe una minor aliquota IRPEF pari a 22 euro (286 euro all'anno).

L'investimento di 14 miliardi di euro in queste due misure, sebbene impegni quasi tutto lo spazio del bilancio deficitario (15,7 miliardi), contribuirà a correggere una distorsione presente in tutte le tassazioni relative ai contributi previdenziali e assistenziali. I contributi inferiori, infatti, aumentano il reddito tassabile per l'IRPEF. Non sorprende quindi che il taglio del cuneo fiscale da 4 miliardi per il secondo semestre del 2023 sia finanziato in parte dall'incremento delle entrate fiscali dell'IRPEF, pari a 1,1 miliardi. Questo non rappresenta un'eccezione nel governo Meloni, in quanto anche il mini-taglio attuato dal governo di Mario Draghi era finanziato in parte dall'aumento delle imposte.

Per migliorare il potere d'acquisto delle famiglie, è necessario prendere in considerazione anche i redditi superiori a 35.000 euro lordi annui. In base alle risorse disponibili, si possono seguire tre alternative: potenziare l'assegno unico per i figli a partire dal terzo figlio (come già annunciato dalla ministra Roccella), prevedere sconti fiscali mirati sull'IRPEF o avviare una sperimentazione del quoziente familiare, riducendo l'imposta in base al numero dei componenti del nucleo familiare.

Più risorse si riusciranno a recuperare, maggiori saranno i benefici per i redditi medi, che sono attualmente penalizzati dal sistema dell'IRPEF. Secondo fonti dal Dipartimento delle Finanze, si stanno esaminando diverse opzioni. La prima riguarda un ulteriore abbassamento della soglia di decalage delle detrazioni fiscali, che attualmente si annullano progressivamente nella fascia compresa tra 120.000 e 240.000 euro di reddito lordo annuo. Si cercherà di tutelare le spese sanitarie, quelle per l'efficientamento energetico e i mutui per la prima casa. La seconda opzione è una revisione della spesa sugli sconti fiscali, che attualmente ammontano a 626 e valgono 82 miliardi di euro. Eliminando quelli di importo inferiore a 100 milioni, ci sarebbe un impatto negativo sui beneficiari, con ovvie conseguenze sul consenso nei confronti del governo. Un taglio potrebbe essere ottenuto anche abbassando il montante medio degli sconti per ogni contribuente, dando la possibilità di scegliere dove risparmiare.

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