La proposta di detassare la tredicesima mensilità è tornata al centro del dibattito sulla manovra 2026, con l’obiettivo di ridurre la pressione fiscale sui lavoratori dipendenti e sostenere i consumi di fine anno. Tuttavia, la reale applicabilità della misura dipenderà dalle risorse disponibili a bilancio.
Una delle ipotesi più discusse è quella dell’azzeramento totale dell’Irpef sulla tredicesima. In questo scenario, la mensilità aggiuntiva di dicembre sarebbe interamente esentasse, con un guadagno netto tra 200 e 1.200 euro a seconda del reddito.
Il problema principale riguarda i costi per lo Stato, stimati in circa 15 miliardi di euro l’anno. Una cifra che rende la misura difficilmente sostenibile dal punto di vista delle finanze pubbliche, motivo per cui l’ipotesi viene considerata politicamnte attraente ma economicamente impraticabile.
Più concreta appare invece l’idea di applicare una tassazione agevolata al 10% sulla tredicesima. In questo caso, l’onere per le casse pubbliche scenderebbe a 2,5-3 miliardi di euro annui, rendendo la misura compatibile con i vincoli di bilancio.
Ecco alcune simulazioni della Fondazione Nazionale dei Commercialisti:
- Reddito annuo 20.000 euro → +180 euro netti
- Reddito annuo 30.000 euro → +270 euro netti
- Reddito annuo 35.000 euro → +610 euro netti
- Reddito annuo 50.000 euro → +870 euro netti
- Reddito oltre 60.000 euro → fino a +1.400 euro netti
Anche i redditi medio-bassi otterrebbero un beneficio, seppur più contenuto, garantendo comunque un rafforzamento del potere d’acquisto a fine anno.
In sintesi, le ipotesi in campo si dividono tra:
- Azzeramento totale dell’Irpef → massimo vantaggio per i lavoratori, ma costo stimato troppo elevato (15 miliardi).
- Aliquota agevolata al 10% → beneficio percepibile e costo più sostenibile (fino a 3 miliardi).
La decisione finale dipenderà dalle valutazioni tecniche del Governo e dalle priorità politiche nella composizione della manovra 2026.
