Dal 1° gennaio 2026 le pensioni italiane saranno interessate da un nuovo adeguamento legato all’andamento dei prezzi. La rivalutazione, fissata in via provvisoria all’1,4%, scatterà automaticamente sugli assegni previdenziali, con l’obiettivo di contenere la perdita di potere d’acquisto causata dall’inflazione. Il decreto che definisce il tasso di perequazione è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 28 novembre e troverà applicazione nei pagamenti di inizio anno.
L’adeguamento sarà applicato dall’INPS, ma resta suscettibile di conguaglio: il dato definitivo sull’inflazione 2025, elaborato dall’ISTAT, verrà infatti certificato solo nei primi mesi del 2026.
COME FUNZIONA LA RIVALUTAZIONE LEGATA ALL’INFLAZIONE
Il meccanismo della perequazione nasce per tutelare il valore reale delle pensioni rispetto all’aumento del costo della vita. Si tratta di un sistema strutturale che aggiorna ogni anno gli importi sulla base dell’inflazione ufficiale. Anche per il 2026, però, l’aumento non sarà uniforme per tutti i pensionati.
La rivalutazione piena dell’1,4% si applica esclusivamente agli assegni fino a quattro volte il trattamento minimo. Superata questa soglia, la percentuale riconosciuta viene ridotta in modo progressivo, limitando l’incremento per le pensioni di importo più elevato.
RIVALUTAZIONE PENSIONI 2026: CHI GUADAGNA DAVVERO
La perequazione integrale riguarda le pensioni fino a circa 2.413 euro lordi mensili. In termini pratici, un assegno da 1.000 euro salirà a circa 1.014 euro lordi, mentre una pensione da 2.000 euro registrerà un aumento stimato di 28 euro.
Per gli importi compresi tra quattro e cinque volte il minimo (fino a circa 3.017 euro lordi), la rivalutazione viene applicata al 90% del tasso, pari a un incremento dell’1,26%. Oltre questa soglia, l’aumento si riduce ulteriormente al 75%, con una rivalutazione effettiva dell’1,05%.
In concreto, una pensione di 3.000 euro lordi salirà a circa 3.041 euro, mentre un assegno da 3.500 euro crescerà di poco meno di 47 euro. Gli importi indicati sono lordi e l’aumento netto dipenderà dalle imposte e dalle addizionali locali.
MINIMI, ASSEGNO SOCIALE E TUTELE PER I REDDITI PIÙ BASSI
Con la rivalutazione 2026 aumenta anche il trattamento minimo, che passa da 603,40 euro a 611,85 euro mensili. Cresce inoltre l’assegno sociale, che sale a 546,23 euro, rispetto ai 538,69 euro del 2025.
Per i pensionati con redditi più bassi, la legge di Bilancio 2026 prevede una maggiorazione sociale aggiuntiva di 20 euro al mese, riconosciuta a chi rispetta specifici requisiti anagrafici e reddituali.
Le stesse regole di rivalutazione si applicano anche alle prestazioni di invalidità civile: l’assegno mensile, l’indennità di frequenza e le prestazioni per ciechi civili salgono da 336 euro a circa 340,70 euro al mese. Restano invece invariate eventuali integrazioni collegate a condizioni particolari.
AUMENTI PROVVISORI E POSSIBILI CONGUAGLI
Il tasso dell’1,4% rappresenta un riferimento iniziale per il 2026, ma non è definitivo. Qualora l’inflazione effettiva del 2025 dovesse risultare più elevata, nel corso dell’anno saranno riconosciuti conguagli a favore dei pensionati.
Per verificare l’aumento applicato al proprio assegno, il riferimento resta il cedolino INPS di gennaio 2026, nel quale saranno indicati gli importi aggiornati e le singole voci di rivalutazione.
