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Pensioni, requisiti in aumento dal 2027: chi dovrà lavorare più a lungo

Pensioni, requisiti in aumento dal 2027: chi dovrà lavorare più a lungo

La vita lavorativa si allunga ancora. Con la Legge di Bilancio ormai definita, torna a pieno regime l’adeguamento dei requisiti pensionistici alla speranza di vita, nonostante le promesse di congelamento degli aumenti. Dal 2027 e, in misura più marcata, dal 2028, età e contributi necessari per andare in pensione cresceranno per la maggior parte dei lavoratori. L’impatto sarà particolarmente rilevante per una categoria che finora era stata considerata tutelata: i lavoratori precoci.

TRE MESI IN PIÙ PER ANDARE IN PENSIONE

L’aumento complessivo dei requisiti sarà pari a tre mesi, ma verrà introdotto in modo graduale. Dal 1° gennaio 2027 scatterà un primo incremento di un mese, seguito da altri due mesi dal 1° gennaio 2028. Una scelta che riduce l’impatto immediato, ma sancisce il ritorno stabile al meccanismo automatico di adeguamento alla longevità.

PENSIONE DI VECCHIAIA E ANTICIPATA: COSA CAMBIA

Per la pensione di vecchiaia, il requisito anagrafico salirà dagli attuali 67 anni a 67 anni e 3 mesi dal 2028, mentre resteranno necessari almeno 20 anni di contributi.

Cambiano anche i parametri della pensione anticipata: dai 42 anni e 10 mesi di contributi attuali (un anno in meno per le donne) si passerà a 43 anni e 1 mese dal 2028.

L’adeguamento riguarda anche la pensione anticipata contributiva per i cosiddetti contributivi puri, ossia chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996. In questo caso, l’uscita non sarà più possibile a 64 anni “secchi”, ma a 64 anni e 3 mesi.

CHI RESTA ESCLUSO DAGLI AUMENTI

Il governo ha deciso di escludere dagli incrementi solo due categorie: i lavoratori gravosi e quelli usuranti. Secondo la Relazione tecnica alla Manovra, si tratta di circa 20 mila lavoratori all’anno, impiegati in attività particolarmente faticose come edilizia, sanità, scuola dell’infanzia, igiene ambientale e lavoro su catena di montaggio.

Per questi soggetti resta possibile l’accesso all’APE Sociale, l’assegno ponte che consente di uscire dal lavoro a 63 anni e 5 mesi, con un requisito contributivo variabile tra 30, 32 o 36 anni e un importo massimo di 1.500 euro mensili.

LA STRETTA SUI LAVORATORI PRECOCI

La novità più rilevante riguarda i lavoratori precoci, cioè coloro che hanno versato almeno 12 mesi di contributi prima dei 19 anni. La Quota 41 viene formalmente confermata, ma di fatto ridimensionata.

Solo i precoci impegnati in lavori usuranti restano esclusi dagli aumenti. Tutti gli altri — disoccupati, caregiver e invalidi con almeno il 74% — dovranno adeguarsi ai nuovi requisiti. Dal 2027 serviranno 41 anni e 1 mese di contributi, che diventeranno 41 anni e 3 mesi dal 2028, con la possibilità di ulteriori aumenti negli anni successivi in base all’andamento della speranza di vita.

UNA TUTELA CHE SI RESTRINGE

La riforma introduce una distinzione interna alla platea dei precoci che appare poco lineare: a parità di carriera contributiva, l’accesso alla pensione potrà avvenire in momenti diversi in base alla categoria di tutela riconosciuta. Una differenziazione che rischia di alimentare nuove disparità e possibili contenziosi.

TAGLI ALLE RISORSE PER PRECOCI E USURANTI

Il quadro si irrigidisce ulteriormente sul piano finanziario. La Manovra prevede una riduzione delle risorse destinate ai lavoratori precoci, con 50 milioni di euro in meno nel 2033 e 100 milioni di euro annui dal 2034. Anche per i lavoratori usuranti è previsto un taglio di 40 milioni di euro all’anno dal 2033.

Un segnale che conferma come l’innalzamento dei requisiti pensionistici non sia una misura temporanea, ma parte di una strategia strutturale di contenimento della spesa previdenziale.

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