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Referendum 2025 sul Jobs Act: cosa cambia con l’abolizione del contratto a tutele crescenti

Referendum 2025 sul Jobs Act: cosa cambia con l’abolizione del contratto a tutele crescenti

Cos’è il contratto a tutele crescenti

Il contratto a tutele crescenti è stato introdotto con il decreto legislativo n. 23 del 2015, parte del Jobs Act, e si applica ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato assunti dal 7 marzo 2015 nelle aziende con più di 15 dipendenti.

La sua particolarità sta nella disciplina dei licenziamenti illegittimi: invece del reintegro, al lavoratore spetta un’indennità economica predeterminata, in base all'anzianità.

L’obiettivo della riforma era favorire l’ingresso nel mondo del lavoro tramite maggiore flessibilità in uscita, ma ciò ha portato alla creazione di un doppio regime di tutele: una per chi è stato assunto prima del 2015 (con reintegro), e una per chi è stato assunto dopo (con solo indennizzo).

Le regole attuali sui licenziamenti

Secondo le norme attuali:

  • In caso di licenziamento illegittimo, il lavoratore ha diritto a 2 mensilità per ogni anno di servizio, da un minimo di 6 a un massimo di 36.
  • Il reintegro è previsto solo in casi eccezionali, come il licenziamento discriminatorio o l'insussistenza del fatto contestato.
  • Per vizi procedurali, l’indennità è ridotta: 1 mensilità per anno, da 2 a 12 mesi.

È previsto anche un voucher per la ricollocazione tramite i Centri per l’Impiego, con pagamento all’agenzia solo in caso di nuovo impiego.

Va ricordato che il Comitato Europeo dei Diritti Sociali ha richiamato l’Italia: il Jobs Act violerebbe la Carta Sociale Europea, perché esclude il reintegro e limita gli indennizzi. Tuttavia, la decisione non è vincolante.

Il quesito referendario: cosa vuole abrogare

Il quesito propone di abrogare integralmente il decreto legislativo n. 23/2015, e quindi il contratto a tutele crescenti.

La formulazione ufficiale chiede:

“Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23 […] recante ‘Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti’ nella sua interezza?”

La Corte Costituzionale ha ritenuto il quesito chiaro e omogeneo, sottolineando che mira a superare il doppio binario delle tutele basate sulla data di assunzione.

Cosa succede se vince il “Sì”

Se il “Sì” vincesse, il Jobs Act verrebbe abrogato. Tornerebbe in vigore la disciplina precedente, cioè l’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, nella versione riformata dalla legge Fornero del 2012.

Questo significherebbe:

  • Reintegro più frequente in caso di licenziamenti illegittimi;
  • Calcolo diverso delle indennità, non più fisso;
  • Applicazione uniforme della norma, senza distinzione per data di assunzione.

Cosa prevede l’Articolo 18 nella versione Fornero

La riforma Fornero ha modificato l’articolo 18 introducendo quattro regimi di tutela:

  1. Tutela reintegratoria piena: per licenziamenti nulli o orali.
  2. Tutela reintegratoria attenuata: per alcune ipotesi di giusta causa o giustificato motivo.
  3. Tutela obbligatoria piena: solo indennizzo, se manca la giusta causa/motivo.
  4. Tutela obbligatoria ridotta: per vizi procedurali o motivazione mancante.

Il reinserimento nel posto di lavoro tornerebbe possibile in una gamma più ampia di casi, rispetto all’attuale disciplina.

Il referendum sull’abolizione del contratto a tutele crescenti rappresenta una scelta chiave sulle regole dei licenziamenti. La vittoria del “Sì” comporterebbe un ritorno all’Articolo 18 e alla disciplina previgente, seppur nella sua versione già rivista dalla legge Fornero.

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