
A più di un anno dalla bocciatura della proposta di introdurre un salario minimo legale, il governo italiano non ha ancora adottato misure concrete per rafforzare la contrattazione collettiva. L'obiettivo di garantire a tutti i lavoratori le stesse tutele previste dai contratti collettivi rimane sulla carta, mentre il dibattito sul tema continua a sollevare interrogativi sulla reale volontà politica di affrontare il problema delle retribuzioni minime nel Paese.
La bocciatura del salario minimo e l'alternativa proposta
Nel novembre 2023, la Commissione Lavoro della Camera ha respinto la proposta delle opposizioni di fissare un salario minimo legale pari a 9 euro l'ora. La decisione è stata motivata dal timore che un intervento normativo potesse provocare un abbassamento generale dei salari, considerando che oltre il 90% dei lavoratori in Italia è già coperto da un contratto collettivo che prevede retribuzioni minime generalmente superiori alla soglia proposta.
In alternativa, la maggioranza ha approvato un emendamento che delega il governo a rafforzare la contrattazione collettiva, considerata lo strumento più efficace per tutelare i lavoratori. L'obiettivo dichiarato è contrastare il fenomeno del dumping contrattuale, ossia la proliferazione di contratti collettivi firmati da organizzazioni poco rappresentative, che prevedono stipendi e tutele inferiori rispetto agli accordi maggiormente diffusi nel settore.
Il ritardo nell'attuazione delle misure
Nonostante l'impegno formale assunto con l’approvazione della delega, il governo non ha ancora adottato alcuna misura concreta per migliorare il sistema retributivo. La legge prevedeva un termine di sei mesi per la definizione di norme specifiche, ma a distanza di oltre quindici mesi nulla è stato fatto. Secondo indiscrezioni, il tema non è attualmente all’ordine del giorno nell'agenda governativa, alimentando i dubbi sulla reale volontà di intervenire.
Il mancato rafforzamento della contrattazione collettiva accresce le perplessità sull’efficacia dell'alternativa proposta rispetto al salario minimo. Senza un intervento tempestivo, il rischio è che il dibattito sulla retribuzione minima resti irrisolto, lasciando molti lavoratori privi di una tutela adeguata.